Nuova riforma del lavoro sportivo: Nidil Cgil Monza e Brianza fa il punto sulla situazione

Il tema dell’incontro tenuto, lunedì 4 dicembre, da Nidil Cgil Monza e Brianza presso la Camera del lavoro è quello della nuova legge di Riforma del lavoro sportivo e dei suoi effetti sui lavoratori e sul mondo dell’associazionismo.
Monza. Non c’è ancora giustizia per i lavoratori e le lavoratrici del mondo dello sport. Ne è convinta la Cgil di Monza e Brianza che, attraverso la sua categoria sindacale di rappresentanza per i lavoratori atipici, la Nidil, ha tenuto un incontro, lunedì 4 dicembre, presso la Camera del Lavoro. Il tema, tornato caldo negli ultimi mesi, è quello della legge di Riforma del lavoro sportivo e, nello specifico, degli effetti che ha avuto l’ultimo correttivo bis approvato alla luce della nuova normativa in vigore da settembre 2023.
Qual’è la situazione del mondo dell’associazionismo sportivo oggi, sul nostro territorio? Cosa cambia per i lavoratori sportivi alla luce della nuova normativa? E quest’ultima, ha adeguatamente risposto alle criticità già portate all’attenzione del governo Governo Conte bis nel 2019? Queste alcune delle domande alle quali l’incontro di lunedì, alla presenza oltre che delle rappresentanze sindacali e sportive anche dell’assessore allo Sport e Biblioteche del comune di Monza, Viviana Guidetti, ha cercato di dare una risposta.

“Siamo reduci da quindici giorni di mobilitazione, terminata venerdì 1 dicembre con lo sciopero delle regioni del sud, alternando categorie, territori – ha ricordato Lino Ceccarelli, Segretario generale Nidil Cgil Monza Brianza che in settembre aveva definito la riforma un’occasione mancata. “È il segnale di un malessere profondo nei confronti delle scelte di politica economica e sociale dell’attuale Governo. Abbiamo lavorato molto in questi anni per arrivare a una riforma. I risultati raggiunti oggi però non ci soddisfano, siamo a un punto di partenza non al traguardo e continueremo a batterci per le tutele e i diritti. Molti lavoratori, in ambito sportivo ma non solo, scelgono il precariato. Ma un contratto che dura al massimo una stagione non garantisce una prospettiva, non dà sicurezza. Raggiungere i lavoratori sportivi per noi, come sindacato, non è facile. Dove c’è grande precarietà i rapporti sono molto individualizzati”.
La Riforma: tra criticità e passi avanti
La nuova legge di Riforma del lavoro sportivo qualifica come lavoratori sportivi quanti, tesserati, svolgono l’attività di atleta, istruttore, preparatore atletico, allenatore, direttore tecnico e di gara mentre, ad essere esclusi, sono tutti coloro che o svolgono masioni di carattere amministrativo e gestionale o sono iscritti a ordini professionali differenti. Un passo importante, per il sindacato, quello del riconoscimento del lavoratore sportivo.
“La riforma sancisce un principio dal quale dobbiamo partire, ovvero quello del riconoscimento del lavoratore sportivo, prima non riconosciuto – spiega Lucia Anile, Nidil Cgil Nazionale. “La riforma aveva un’ambizione differente rispetto a ciò che poi abbiamo visto nel corso dei vari decreti attuativi, decreti che secondo noi hanno snaturato i principi della riforma. L’obiettivo fin dall’inizio era quello di provare a costruire diritti e tutele per tutti quei lavoratori che in questo mondo, quello sportivo, non ne avevano, oltre ad articolare e inserire alcuni concetti di miglior interpretazione per quanto riguarda il mondo dell’associazionismo. E proprio la pandemia ha fatto emergere con chiarezza le criticità del settore: i lavoratori sportivi non avevano tutele, non potevano avere nemmeno un supporto economico in termini di assenza dal posto di lavoro. Oggi non siamo ancora soddisfatti. Questa riforma non consente ancora, ad esempio, un futuro pensionistico dignitoso”.

Entrando nello specifico, secondo il sindacato sono molte le criticità previdenziali ad emergere per le co.co.co sportive, ovvero i contratti di collaborazione coordinata e continuativa “sportiva”, tra le formule più gettonate da ASD/SSD per inquadrare i propri collaboratori dal 1° luglio 2023, a seguito delle nuove norme sulle collaborazioni sportive introdotte dalla Riforma dello Sport. E sono tanti i punti ancora da chiarire.
“Ad esempio, considerato il reddito medio stimato nel lavoro sportivo di circa 7mila euro lordi annui, l’esenzione totale prevista per i primi 5mila euro di reddito di fatto non garantirà alcuna copertura contributiva in termini di prestazione pensionistica finale – ha spiegato Anile. “I primi cinque anni un lavoratore mediano con 7mila euro annui di reddito, accantonerebbe ai fini previdenziali solo 250 euro annui. Considerando l’esenzione fino a 5mila euro e l’abbattimento dell’imponibile – fino al 2027 – del 50%, nei primi cinque anni otterrebbe un montante contributivo pari a 1.250 euro (gli stessi che accantonerebbe un operaio con una retribuzione di circa mille euro netti al mese, dopo due mesi e mezzo di lavoro). Non si tratta di decontribuzione per i primi 5mila euro, ma semplicemente di una riduzione della base imponibile e, di conseguenza, delle prestazioni pensionistiche. Sarebbe stato necessario prevedere una copertura contributiva per tale soglia. Dovranno essere chiarite inoltre, in modo definitivo, le regole dell’esenzione non essendo stato esplicitato in maniera esaustiva”.
L’assessore allo Sport Guidetti: “Fondamentale il confronto”
“Dal punto di vista fiscale, previdenziale e anche di tutela c’erano alcuni aspetti che andavano sicuramente presi in esame – ha ribadito Guidetti, parlando della riforma. “Come Amministrazione per noi è fondamentale da un lato l’aspetto legislativo, la tutela dei lavoratori dello sport, dall’altro le esigenze delle associazioni sportive, in quanto il nostro ruolo è quello di fare da mediatore anche tra le realtà del territorio. Solo a Monza sono circa 240 le associazioni sportive di cui 172 registrate al Coni. L’iter legislativo rende evidenza di quanto sia difficile applicare questa nuova riforma dell’ordinamento sportivo. Questo non significa che non sia una riforma giusta e che va a risolvere alcuni seri problemi. Il fatto stesso che dopo i cinque decreti del 2021 ci siano stati due decreti correttivi, il decreto mille proroge e adesso ci sia un ulteriore slittamento con il decreto 145 dà evidenza di quelle che sono le difficoltà di applicazione di questa nuova riforma. È importante quindi vedere e prendere coscienza di quelle che sono le problematiche per mettere in campo le misure necessarie”.

E ha aggiunto: “È fondamentale, oggi più che mai, creare una rete tra le varie associazioni. Abbiamo da poco riattivato la Consulta dello sport per confrontarci, per far sì che venga attuata questa riforma. Non nego che molte associazioni sportive sono in grande difficoltà nell’applicazione di questa nuova normativa e molte, piu piccole, stanno chiudendo o si stanno accorpando. C’è una fase di transizione in atto durante la quale bisogna affiancare le realtà sportive, realtà importanti sul nostro territorio. Parliamo di un milione di lavoratori circa nel panorama nazionale, dei quali per lo più volontari. Sono 20 milioni gli italiani che dichiarano di fare sport, un quarto dei quali iscritti ad associazioni sportive”.