
Quest’anno l’organizzazione della Giornata regionale della riconoscenza per la solidarietà e il sacrificio degli Alpini è affidata alla Sezione di Monza.
Durante la pandemia del Covid sono stati gli unici a garantire un pasto ai dipendenti dell’ospedale San Gerardo e del Comune di Monza e quando lo scorso luglio ci fu l’alluvione accorsero prontamente per aiutare le vittime. La sezione monzese dell’Associazione Nazionale Alpini, che conta circa due mila iscritti, non si è mai tirata indietro. E il prossimo 6 aprile si apprestano a celebrare la “Giornata regionale della riconoscenza per la solidarietà e il sacrificio degli Alpini“ (istituita con legge regionale), la cui organizzazione è stata affidata alla sezione locale anche perché nell’occasione ricorda il suo 95° anniversario della fondazione.
“Siamo felici e orgogliosi di ospitare questo evento – ha commentato il sindaco, Paolo Pilotto -. Con gli alpini c’è un rapporto particolare, molto forte, di vero e proprio affetto”. Alla manifestazione sono invitate le 14 Sezioni della Lombardia che parteciperanno con il loro vessillo accompagnato da una delegazione, ma l’invito è stato esteso anche alle cinque sezioni di Emilia-Romagna che completano l’organico del 2° raggruppamento Ana. Per il programma completo della Giornata, che inizierà come da tradizione con l’ammassamento, basta cliccare sul sito della sezione monzese dell’Ana (Anamonza.it).
Una sezione che conta 30 gruppi – ha aggiunto Roberto Viganò, il presidente – e che vanta anche una unità di protezione civile che collabora con quella comunale”. La manifestazione sarà accompagnata dalla Fanfara alpina di Asso e dal Coro Ana “La Baita” di Carate Brianza. Accanto ai Gonfaloni di Regione Lombardia, della Provincia di Monza e Brianza e del Comune di Monza sarà presente il Labaro Nazionale dell’Associazione Alpini, decorato di 216 medaglie d’oro di cui 209 al Valor militare. Medaglie conquistate al termine di scontri epici, su campi battaglia come quelli del fronte orientale durante la Prima Guerra Mondiale o sulle rive del Don in Russia, durante la Seconda Guerra Mondiale, quando “fischiavano” i Katiuscia sovietici


