
Dopo la rappresentazione, il pubblico avrà l’opportunità di partecipare a un incontro-dibattito con lo stesso Marco Baliani.
Il Teatro Manzoni di Monza si prepara ad accogliere, venerdì 12 aprile 2024 alle ore 21:00, un evento imperdibile per gli amanti della scena: il rinomato attore, regista e autore Marco Baliani farà il suo ritorno sul palco con lo spettacolo “Una Notte Sbagliata“.
Conosciuto come uno dei principali esponenti del teatro di narrazione, Baliani promette di trasportare il pubblico in un viaggio emozionante attraverso le sue performance avvincenti e coinvolgenti. L’evento, organizzato all’interno della sezione “Altri Percorsi”, si preannuncia come un’occasione unica per vivere l’arte teatrale in tutta la sua intensità. Ma non finisce qui: dopo la rappresentazione, il pubblico avrà l’opportunità di partecipare a un incontro-dibattito con lo stesso Baliani, arricchendo l’esperienza teatrale con riflessioni e approfondimenti direttamente dall’artista.
“In questo spettacolo porto in scena il corpo di un essere umano già fragile – spiega Marco Baliani -, corpo che in quella notte che, poi, solo dopo chiameremo sbagliata, diventa un capro espiatorio su cui accanirsi. Entrare e uscire dalle teste e dai corpi dei protagonisti notturni della vicenda, compreso un cane, è stata la mia gimkana attorale, obbligandomi a continui cambi percettivi e linguistici, dentro una rete di rimandi sonori e visivi.
Già nel precedente spettacolo, Trincea, avevo sperimentato una condizione attorale simile. Qui la ricerca è proseguita, specie nella costruzione del linguaggio, fino a uscire dal contesto narrativo centrale e aprire il flusso delle parole ad altri scenari, in un “arazzo psichico” che sposta di continuo il focus della vicenda, costringendo lo spettatore non solo a viverla emotivamente ma a farsene carico anche ragionandoci sopra.
Non è la cronaca di uno dei tanti episodi di accanimento contro la diversità, di cui sempre più spesso siamo testimoni, non è dunque un teatro “civile”, piuttosto un mettere il dito dentro le pieghe nascoste della psiche, delle pulsioni, delle indicibilità, fino a usare la mia stessa memoria biografica come parte dell’evento di cui si parla. Mi sembra di vivere in un tempo in cui la sacralità del vivente, la sua inviolabilità biologica si è incrinata e compromessa.
Forse quando da cittadini siamo diventati consumatori qualcosa di quella inviolabilità si è dissolta. I corpi sono diventati merce, e devono rispondere agli stessi requisiti di efficienza e di splendore delle altre merci, altrimenti entrano nella categoria dei perdenti, degli scarti. Corpi “stranieri”, da cui guardarsi, che con la loro sola presenza incrinano la falsa luminosità del quotidiano, corpi da cacciare via, da odiare, di cui si può dunque abusare. Questa deriva mi spaventa molto, mi inquieta, e il teatro è l’unico modo che conosco per condividere questa mia inquietudine con la comunità degli spettatori e sentirmi così meno solo e meno impaurito”.