Ferie in tribunale: il cuoco brianzolo resta in carcere e perde il lavoro

29 luglio 2024 | 17:54
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Ferie in tribunale: il cuoco brianzolo resta in carcere e perde il lavoro

Il caso del cuoco con una pena di 6 mesi per un reato del 2018. L’istanza per l’affidamento in prova è stata presentata a giugno ma nessuno può prenderla in carico.

I tempi della giustizia italiana fanno perdere il lavoro a un detenuto con pena brevissima. L’avvocato Fabio Scotti porta in primo piano il caso di un suo assistito, cuoco 30enne di Muggiò che lavora in un ristorante della Brianza, condannato per un furto d’auto del 2018 a 6 mesi. Una pena che avrebbe potuto scontare con l’affidamento in prova, mantenendo il posto di lavoro. Se non fosse che l’istanza presentata dal suo legale il 18 giugno ha seguito un iter lungo settimane e oggi, con l’estate di mezzo, non può essere presa in carico da nessuno. Succede presso il Tribunale di Milano, “Il magistrato titolare è in ferie e il resto del personale – ha riferito l’avvocato – non prende in carico in supplenza casi di questa lieve portata”.

Risultato: il 30enne è in carcere a Monza mentre verosimilmente avrebbe potuto usufruire della misura di affidamento in prova. Con agosto alle porte, la situazione potrebbe rimanere invariata per altre settimane finché una grossa fetta della pena sarà già stata scontata senza che il cittadino abbia potuto accedere a una misura alla quale avrebbe potuto avere diritto: “l’affidamento è previsto per pene non superiori a 3 anni (o 4 anni nel caso abbia già scontato un anno con buona condotta) – ha spiegato Scotti – per una condanna a 6 mesi eravamo ragionevolmente fiduciosi di ottenerlo”. Nella vicenda, va detto, l’istanza non è stata presentata entro i 30 giorni dalla notifica perché il soggetto risultava irreperibile. “La cosa più grave – ha proseguito il legale – è che il mio assistito in questo modo quasi certamente perderà il posto di lavoro. I datori si sono mostrati comprensivi e disponibili a mantenere il suo incarico, nonostante il suo errore. Ma mi hanno spiegato che, avendo un ristorante, non avrebbero potuto aspettare oltre la fine di luglio prima di assumere qualcun altro”. I tempi sono praticamente scaduti e il cuoco di Muggiò è in carcere.

“La mia non è una critica a un soggetto in particolare di quelli coinvolti in questo specifico iter  -ha voluto precisare l’avvocato Scotti – ma è una considerazione sugli ormai noti tempi della Giustizia italiana in generale. Questo sistema non è efficace e in questo caso genera un danno sia individuale che collettivo. Un detenuto con una condanna leggera, laddove ci sono le condizioni, sarebbe certamente più utile a se stesso e alla società sa mantenesse il posto di lavoro”.  Quella del cuoco di Muggiò, sostiene l’avvocato, è “solo una delle tante piccole storie di inceppamento della Giustizia. Ma se coinvolge una persona qualunque e non uno dei grandi casi nazionali, non interessa a nessuno. E queste storie si ripetono quotidianamente in tutta Italia”.