I 40 anni di Abio Brianza, ieri oggi e domani accanto ai bimbi in ospedale!

L’associazione ha celebrato il compleanno con un convegno in cui ha ripercorso scelte e personaggi, ma ha anche parlato delle sfide che oggi affronta con il contributo continuo e professionale di centinaia di volontari.
Monza. “La vita comincia a quarant’anni” è il noto titolo di un libro pubblicato ormai quasi un secolo fa, da cui è nato un lungo filone su come affrontare la mezza età. Ci sono casi, però, in cui la vita vera è iniziata molto prima. E arrivare a 40 anni significa aver già percorso un cammino impegnativo, pieno di soddisfazioni e risultati ottenuti.
Per questo allora è giusto festeggiare un compleanno così importante. Anche nell’ottica, come ha detto Susanna Bocceda, presidente di Abio Brianza in apertura del convegno per i 40 anni dell’associazione che da sempre è accanto ai bambini e gli adolescenti in ospedale, “di conoscere il passato per riconoscersi oggi nei cambiamenti intervenuti”.
IL CONVEGNO
Con questa premessa, Abio Brianza, nata nel 1984 subito dopo quella di Milano, la prima in Italia nel 1978, ha deciso di celebrare il traguardo raggiunto all’Auditorium Pogliani della Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza. Proprio la struttura ospedaliera dove ha iniziato ad operare nel nostro territorio.

Un appuntamento in cui sono stati ripercorsi scelte e personaggi che hanno permesso di creare una realtà basata oggi sul contributo continuo e professionale di centinaia di volontari tra Monza, Desio, Vimercate e Cinisello Balsamo. Ma sono stati anche puntati i riflettori sulle sfide dell’attualità di Abio Brianza. Che tutti i giorni deve affrontare tematiche come i rapporti con il numero crescente di bambini stranieri nelle pediatrie e le nuove vulnerabilità degli adolescenti.
IL FOCUS
Le origini di Abio Brianza, che proprio quest’anno il Comune di Monza ha voluto premiare con la Corona Ferrea, una delle massime onorificenze cittadine, sono state il segnale di un cambiamento culturale nell’assistenza in ospedale di bambini e adolescenti. Fino agli anni Settanta, infatti, la presenza in reparto di un genitore accanto al figlio malato era limitata ad un’ora circa.
“Fu Giulio Maccacaro, esperto di Statica medica di Biometria, ad esprimere la necessità di rendere disponibili spazi adeguati per consentire una presenza costante anche durante le ore notturne – racconta Giuseppe Masera, già Direttore della Clinica pediatrica dell’Università di Milano-Bicocca presso l’Ospedale San Gerardo di Monza – poi nel 1974 per i piccoli colpiti da gravi emopatie proposi il concetto di alleanza terapeutica tra medici, operatori sanitari e genitori“.

“Nel 1978 Giuseppe Zaffaroni, un chirurgo pediatra, pensò ad un modo per aiutare le madri che dovevano rimanere accanto ai figli ricoverati anche per molti giorni – continua – da qui l’idea di invitare volontari, adeguatamente preparati, da cui nacque Abio in Italia”.
L’ARRIVO IN BRIANZA
Da Milano ad arrivare nel nostro territorio il passo non è stato brevissimo, ma nemmeno molto lungo. Sei anni dopo, nel 1984, grazie anche all’intervento di Mara Zaffaroni, moglie di Giuseppe e di Claudia Cappelletti, tra i soci fondatori, nacque Abio Brianza, di cui il primo presidente fu Umberto Flauto, allora neonatologo primario all’Ospedale Vecchio di Monza.
“In quei primi anni eravamo pionieri – ricorda Maria Rosaria Iannaccone Piatesi, Presidente onorario Abio Brianza – partivamo da casa, parlo al femminile perché all’inizio eravamo tutte donne, con cartoni e cartoncini per poter intrattenere i bambini e qualche regalino per giocare a tombola”. “Oggi, invece, i volontari, con una buona mescolanza di uomini e donne, giovani e anziani, dopo aver frequentato un corso di formazione ben strutturato, entrano in reparti già colorati e le sale dove vengono i bambini sono attrezzate di tutto” continua.

LA FORMAZIONE
A crescere negli anni, insieme alle strutture e alle collaborazioni, come quella con il Comitato Maria Letizia Verga, Onlus monzese che da oltre 40 anni si occupa dello studio e della cura della leucemia del bambino, è stata la consapevolezza che è fondamentale “prendersi cura in modo costante e in varie forme del volontario che a sua volta si prende cura del bambino/adolescente ricoverato e della sua famiglia” afferma Raffaella Specchia Roma, Responsabile Formazione Abio Brianza, nel corso del convegno per i 40 anni.
“Come una specie di azienda oggi abbiamo gruppi di lavoro vivaci e importanti, da quello per le manifestazioni alla comunicazione, dal gruppo cre-attivo ad Abio Scuola – aggiunge Specchia Roma – proponiamo una formazione con percorsi differenziati a seconda dei ruoli: volontari, tirocinanti, tutor, responsabili di reparto. Inoltre sono state rinforzate l’area psicologica e quella ludico-cre-attiva“.
Del resto il compito dei volontari Abio è delicato. Perché si tratta di “evitare che al trauma della malattia – spiega la psicologa e psicoterapeuta Laura Piatesi – si sommi il trauma psicologico, una ferita dell’anima, della separazione “forzata” dal genitore causando un vissuto abbandonico nel bambino”.

LE PROSPETTIVE
Al convegno per i 40 anni di Abio Brianza, dove sono intervenuti, tra gli altri, anche Claudio Cogliati e Silvano Casazza, rispettivamente Presidente e Direttore generale della Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori, alti funzionari della Asst Brianza e della Asst Nord Milano, oltre a Cherubina Bertola, Presidente del Consiglio comunale di Monza, lo sguardo si è focalizzato anche sull’oggi.
Perché la missione dell’associazione, che nel 2006 è diventata Fondazione Abio Italia e coordina 59 sedi e circa 4mila volontari sparsi in cento ospedali e 180 reparti su tutto il territorio nazionale, pur non cambiando nel tempo, ha necessità di adeguarsi all’attualità.
NUOVE, VECCHIE, ESIGENZE
Ecco perché in questi ultimi anni, di fronte ad un aumento dei bambini stranieri in tutti i reparti anche degli ospedali del nostro territorio per via di immigrazioni e trasferimenti ad hoc, i volontari di Abio Brianza, spesso definiti “angeli azzurri“, si sono organizzati per fare la loro parte. Intensificando quello che Claudia Bruni, psicologa e psicoterapeuta Cooperativa Crinali, definisce “l’approccio transculturale“.

“Abnegazione, pazienza, professionalità, capacità di adattamento caratterizzano questi splendidi volontari – afferma Momcilo Jankovic, pediatra emato-oncologo con responsabilità dirigenziali all’Ospedale S. Gerardo di Monza e alla Clinica Pediatrica dell’Università di Milano-Bicocca – un buon volontario oggi deve essere professionista e credere in quello che sta facendo. L’esserci è alla base del suo operato“.
GLI ADOLESCENTI
Stesso atteggiamento, anche a Monza e Brianza, impegna l’Abio anche sulla vulnerabilità degli adolescenti. Che, soprattutto dopo il Covid-19, si sta manifestando in un aumento considerevole di disturbi d’ansia e panico, alimentari e depressivi. Il tutto acuito da una società sempre più performante e in cui si è rotto il patto intergenerazionale.
“In Italia ancora oggi un quarto degli adolescenti ricoverato si trova in reparti non ad hoc – sostiene Giuseppe Gendusio, Presidente di Fondazione Abio Italia – insomma noi e i nostri volontari abbiamo ancora tanto lavoro da fare”. I 40 anni di Abio Brianza, insomma, sono un nuovo inizio, non certo un traguardo.