Smantellata la “Casa di Carta” monzese: maxi frode da 14 milioni, 19 arresti

5 novembre 2024 | 13:21
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Smantellata la “Casa di Carta” monzese: maxi frode da 14 milioni, 19 arresti
Le telecamere

Le Fiamme Gialle hanno scoperto un’associazione a delinquere dedita alle frodi ai danni dello Stato.

Alle prime luci dell’alba, le Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Como hanno portato a termine un colpo da manuale contro un presunto vasto sodalizio criminale che operava nel Nord Italia, specializzato in frodi fiscali, reati fallimentari e truffe ai danni dello Stato. Nell’ambito dell’indagine denominata “Casa di Carta”, il Tribunale di Monza ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 19 persone, di cui 7 in carcere, 7 agli arresti domiciliari, e 5 sono ora sottoposte all’obbligo di firma presso le forze dell’ordine.

Le origini dell’indagine e l’insospettabile impresa fittizia

Le indagini, avviate nel 2023 sotto la guida del Pubblico Ministero Michele Trianni, hanno avuto origine dall’analisi di una serie di operazioni finanziarie considerate sospette. Al centro del mirino investigativo è finita una società di Monza, già nota per precedenti procedimenti penali per fallimento e truffa. Grazie all’osservazione degli amministratori della società e ai contatti emersi dai tabulati telefonici, gli inquirenti hanno scoperto una vera e propria organizzazione criminale che si era insediata in un capannone industriale a Cinisello Balsamo, utilizzato come base operativa per architettare e coordinare le frodi. La società, intestata a un prestanome, operava principalmente nel settore della telefonia, ma si trattava in realtà di una facciata ben organizzata per dare corpo a operazioni illecite.

Un’impresa costruita sul falso e orchestrata con precisione chirurgica

Le attività di intercettazione e i pedinamenti hanno permesso di ricostruire l’intero schema della frode, uno stratagemma complesso che consentiva al sodalizio di ottenere finanziamenti garantiti dallo Stato. Il piano prevedeva vari passaggi, eseguiti con estrema attenzione per i dettagli. Il sodalizio prendeva il controllo di società apparentemente solide, attive nei settori del commercio all’ingrosso di materiali come polimeri, carta, cartone, e apparecchiature informatiche, con sedi fittizie tra Milano, Brescia, Bologna e Venezia.

Una volta individuata una società adatta, gli amministratori avrebbero falsificato i bilanci e, grazie all’aiuto di un professionista compiacente, creavano l’illusione di aumenti di capitale inesistenti. Con un’azienda ora apparentemente prospera e solvibile, il gruppo poteva procedere a richiedere finanziamenti bancari con garanzia pubblica all’80%, per somme che arrivavano a cifre esorbitanti.

Il “cinema” per le ispezioni bancarie

Gli istituti di credito, per quanto attenti, non potevano prevedere la teatralità messa in atto dai membri del sodalizio per depistare le ispezioni. Qualora le banche richiedessero sopralluoghi, la gang organizzava veri e propri allestimenti scenici nel capannone industriale di Cinisello Balsamo: il cancello veniva riverniciato e all’ingresso comparivano targhe aziendali. I criminali portavano sul posto macchinari noleggiati e arruolavano falsi operai, accuratamente istruiti per simulare di essere dipendenti della società. Il capo dell’organizzazione definiva queste operazioni di inscenamento con il termine “cinema”, un dramma teatrale in piena regola per convincere i funzionari bancari della solidità aziendale e garantirsi così l’erogazione dei fondi.

La gestione dei fondi: una macchina ben oliata tra “spalloni” e fatture false

Una volta ottenuto il finanziamento, il denaro veniva rapidamente prelevato dai conti societari, lasciando soltanto il necessario per mantenere attive altre società fittizie e continuare lo schema fraudolento senza destare sospetti. La maggior parte dei fondi finiva nelle mani di “spalloni”, corrieri incaricati di trasferire il contante, o veniva smistata tramite bonifici internazionali a società estere. Gli inquirenti hanno scoperto conti intestati a ditte riconducibili agli associati, collocati in paesi come Danimarca, Belgio, Germania, e Repubblica Ceca, e utilizzati per operazioni commerciali simulate, coperte da un vasto giro di fatture false. A fronte di questa macchina perfettamente oliata, il sodalizio si permetteva spese personali di lusso: tra gli acquisti più eclatanti, automobili di alta gamma e camper, che dimostrano il livello di ostentazione raggiunto dagli affiliati.

L’alluvione del 2023 come scusa per evitare i pagamenti

Tra i vari tentativi di procrastinare i pagamenti delle rate bancarie, gli inquirenti hanno scoperto che il capo dell’organizzazione avrebbe persino istruito i propri prestanome a simulare problemi finanziari causati da disastri naturali. In un caso, la scusa adottata per giustificare i mancati pagamenti era quella dell’alluvione che aveva colpito il modenese nel 2023. Il capo dettava ai suoi uomini la strategia da seguire per convincere i funzionari bancari che la mancata solvibilità derivava da eventi esterni e non da problemi interni, guadagnando così tempo prezioso per completare il drenaggio dei fondi.

Un coordinamento tra Procure per smantellare la truffa

L’operazione “Casa di Carta” ha visto la collaborazione tra le Procure di Monza e Brescia e ha fatto leva su un’efficace sinergia tra i reparti della Guardia di Finanza di Como e Brescia. Gli sforzi congiunti hanno portato alla luce l’intero sistema di frodi e permesso al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza di emettere le ordinanze di custodia cautelare per i membri dell’organizzazione.

Le accuse sono pesanti: associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio e autoriciclaggio, con l’aggravante della transnazionalità. La Guardia di Finanza ha anche proceduto al sequestro preventivo dei beni e dei conti correnti riconducibili agli indagati, per un valore complessivo di oltre 13,8 milioni di euro, ritenuti il profitto illecito della loro attività criminale.