Colpo grosso nel mondo dell’arte: i Carabinieri smascherano il traffico di reperti archeologici

29 gennaio 2025 | 14:59
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Colpo grosso nel mondo dell’arte: i Carabinieri smascherano il traffico di reperti archeologici
I reperti recuperati

Era una vendita come tante, un’asta online tra le tante che si svolgono ogni giorno, ma dietro quei reperti dall’aspetto antico si nascondeva un affare poco chiaro. 

Era una vendita come tante, un’asta online tra le tante che si svolgono ogni giorno, ma dietro quei reperti dall’aspetto antico si nascondeva un affare poco chiaro. Un colpo che aveva attraversato i secoli, partito dalle sabbie della Mesopotamia per finire nei salotti di qualche collezionista. Ma la corsa è finita bruscamente: i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale (TPC) di Monza hanno chiuso il cerchio e recuperato cinque preziosi manufatti archeologici, pronti per essere restituiti all’Ambasciata della Repubblica dell’Iraq.

L’INDAGINE: UNA PISTA TRA POLVERE E BIT

Tutto è iniziato con una soffiata dall’Ambasciata irachena. I funzionari, con l’occhio allenato alle bellezze del passato, hanno scovato su un noto sito d’aste milanese qualcosa che non quadrava: quattro coni in terracotta con iscrizioni reali e una tavoletta cuneiforme. Tesori antichi, risalenti alla III Dinastia di Ur (2100-2000 a.C.), che raccontano di templi, prigionieri di guerra e ordini impartiti da re vissuti oltre 4000 anni fa. Peccato che non dovessero trovarsi lì.

Scatta subito l’indagine. I Carabinieri del TPC di Monza iniziano a scavare, questa volta non nel deserto, ma tra documenti, registri e transazioni sospette. La pista porta dritta alla casa d’aste e a tre insospettabiliDue proprietari dei manufatti, che li avevano messi in vendita senza battere ciglio; un dipendente della casa d’aste, coinvolto nel tentativo di farli passare per legittimi.

IL SEQUESTRO: UNA TRAPPOLA BEN ORDITA

Con il via libera della Procura della Repubblica di Milano, scatta il blitz. Nessuna via di fuga: i reperti vengono sequestrati prima che possano sparire nelle mani di qualche collezionista privato. Gli esperti confermano l’autenticità dei pezzi: sono opere vere, trafugate illegalmente dall’Iraq e finite nel mercato nero.

Le accuse? Alienazione di beni culturali (art. 518-novies c.p.), un reato che pesa come un macigno. I tre indagati vengono deferiti all’Autorità Giudiziaria. La casa d’aste, intanto, cerca di ripulire il proprio nome, ma la macchia resta.

Oggi, con una cerimonia ufficiale, i manufatti tornano dove dovrebbero essere: nelle mani del popolo iracheno, rappresentato dall’Ambasciata in Roma.