Il campione di hockey in carrozzina Mattia Muratore stronca Sanremo

L’arcorese Muratore ad alzo zero sulla narrazione della disabilità a Sanremo: “Sammy Basso come una mela, Bianca Balti è la sua malattia, il Teatro Patologico infantilizzato”.
C’è modo e modo di guardare Sanremo. Mattia Muratore, campione mondiale di hockey in carrozzina e storica presenza degli Sharks Monza, se l’è “gustato” tra le battute al vetriolo della moglie Erika. Chi lo immagina come un siparietto alla Sandra&Raimondo è fuori strada; il bersaglio è serio e preciso: la narrazione della disabilità “vecchia di 10 anni” di Carlo Conti & Co. E’ molto dura, pur con l’ironia che distingue Muratore su questi temi, la critica a Sanremo del brianzolo che alla disabilità e alla sua percezione sociale ha dedicato anche un libro (“Sono nato così, ma non ditelo in giro”).
“Le prime palate di abilismo e inspiration porn si erano già viste nel ricordo di Sammy Basso – ha scritto Muratore attraverso i suoi social – con quel suo corpo (termine ripetuto almeno cento volte a sottolinearne implicitamente la stranezza) che a quanto pare ha insegnato un sacco di cose a tutti. Quel Sammy Basso che – parole di Conti – ‘nonostante tutto amava la vita’ e che Jovanotti ‘portava sul palco tenendolo in braccio, pesava come una mela’ “. Una visione retorica e riduttiva secondo Muratore di una persona che, per fare un esempio, ha dato un contributo alla società nella ricerca scientifica.
Altra bastonata di Muratore sulla presentazione a Sanremo del Teatro Patologico, compagnia di artisti con disabilità che si è esibita in una delle serate all’Ariston: “Questi attori, anziché essere presentati per quello che sono, ossia adulti orgogliosi di fare il loro validissimo mestiere, sono stati infantilizzati e fatti passare per bambini speciali da accudire”. E poi: “E’ stato addirittura affermato che il Teatro Patologico è un luogo magico in cui aiutiamo e salviamo questi ragazzi, dando per assodato che avessero bisogno di essere aiutati e salvati per il semplice fatto di essere disabili”. Bordata, infine, sul trattamento riservato a Bianca Balti, reduce dalla terapia contro il cancro e guardata da Conti, dice Muratore, con occhi languidi e continui riferimenti al coraggio: a riportare in primo piano la malattia.
Al di là dei post sui social, quella di Muratore è una contestazione carica di delusione: “da tanto tempo vediamo un profondo cambiamento nella narrazione della disabilità e con questi episodi si fanno mille balzi indietro, una visione vecchia di 10 anni che identifica la persona con la malattia. Ancora più grave di fronte a un pubblico così vasto come quello del Festival di Sanremo. Una parte della società fa ancora molta fatica a cambiare sguardo, forse anche per ragioni anagrafiche. Vede ancora la disabilità come l’unica caratteristica di un essere umano che, in quanto disabile, non può certo essere felice”.
Ma allora, come si narra il mondo della disabilità? Come si evitano gli scivoloni in cui incappano anche esperti della comunicazione? Muratore, che si può considerare un divulgatore rispetto alla cultura dell’inclusione, scherza, “leggendo il mio libro” e poi spiega: “personalmente non sono molto rigido sulle singole parole, basta un trucco piuttosto semplice, ovvero partire sempre dalla persona. Io non sono la mia malattia, la mia statura, il mio corpo. Sono anche un avvocato e uno sportivo, un interista”. E un marito “fortunato, perché anziché guardare Sanremo posso guardare la Erika che guarda Sanremo. Lei, con le sue frecciatine alla Guglielmo Tell e con i suoi commenti acidi come yogurt scaduti”.