Lotta alla mafia, Antoci alla Scuola di Formazione Politica Alisei: “I giovani scelgano dove stare”

L’europarlamentare, sopravvissuto ad un attentato nel 2016, è stato ospite dell’iniziativa della Cgil di Monza e Brianza. Il suo è un invito a fare ognuno la propria parte per combattere la criminalità organizzata.
Monza. Che si muore una volta sola è una verità comprensibile a tutti, ma che si vive una volta sola è qualcosa di più difficile da tradurre in comportamenti davvero degni di un’opportunità così unica e irripetibile. Giuseppe Antoci, oggi europarlamentare e nel 2016 miracolosamente sopravvissuto ad un attentato mafioso, il primo contro un uomo delle istituzioni dagli attentati a Falcone e Borsellino dal 1992, è un uomo che ogni giorno vive sulla propria pelle la non scontata normalità del fare il proprio dovere e del prendersi la propria parte di responsabilità per contribuire a completare, con rettitudine, il grande mosaico del benessere sociale.
La toccante testimonianza di Antoci, che è intervenuto alla Scuola di Formazione Politica, organizzata dall’Associazione Alisei e dalla Cgil di Monza e Brianza, all’incontro “Democrazia contro le mafie” inserito nel programma dell’undicesima edizione dell’iniziativa, ha commosso ed emozionato i tanti studenti e il pubblico presente nella Sala Trentin della Camera del Lavoro di Monza.
IL MESSAGGIO
“Oggi viviamo nella società della normalizzazione degli abusi, soprusi e reati e questo sta avvenendo anche per i reati di mafia e le attività collaterali” sostiene l’europarlamentare che dal 2014 è sotto scorta in quanto nel mirino della criminalità organizzata per aver scoperchiato, da presidente del Parco dei Nebrodi, la più grande area naturale protetta della Sicilia, il meccanismo con il quale i terreni agricoli e il conseguente giro milionario di fondi europei finissero nelle mani della mafia. Fino a promuovere un Protocollo di legalità, poi adottato a livello nazionale come cardine del nuovo Codice antimafia, che porta il suo nome.

“Le mafie sono liquide e nel tempo si sono adattate a diversi contenitori – continua Antoci – per questo dico ai giovani che anche per loro la parola chiave per combatterle è scelta, quella di compiere ogni giorno il proprio dovere di cittadinanza, di tutelare la propria dignità e quella degli altri, di essere l’antimafia del giorno prima, capace di dare speranza e non lasciare indietro nessuno”.
UNA STORIA ESEMPLARE
L’invito ai giovani a scegliere ora dove stare “per essere semi in grado di costruire radici che possano tenere saldo il terreno dei valori presenti prima di tutto nella Costituzione italiana” nasce non soltanto dal fatto che l’europarlamentare continua la sua battaglia per contrastare il riciclaggio e le infiltrazioni criminali sia dagli scranni del Parlamento europeo sia parlando agli studenti e alle studentesse di scuole e università in giro per l’Italia.
Antoci, che per il suo impegno contro la mafia è stato anche nominato Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana, ai giovani tra i 16 e i 21 anni iscritti alla Scuola di Formazione Politica di Alisei, infatti, ha anche raccontato quanto le sue tre figlie e la moglie lo abbiano sostenuto nel dargli il coraggio per andare avanti e fare i conti ogni giorno con la paura di essere uccisi. Un “noi” che si allarga dall’ambito personale a tutti coloro che vedono nell’europarlamentare un esempio e un modello di ispirazione. O “soltanto” lo ascoltano.

“Da quando ho capito di essere veramente in pericolo di vita e soprattutto dopo l’attentato subito la notte fra il 17 e il 18 maggio del 2016, in cui mi sono salvato solo grazie ai quattro agenti della Polizia di Stato che erano con me – afferma – la mia famiglia, costretta a vivere in una casa costantemente pattugliata da 33 uomini dell’Esercito, mi ha sempre dimostrato di essere dalla mia parte nonostante i sacrifici e le limitazioni che sono aumentati negli ultimi due anni con il rafforzamento della scorta a me assegnata”.
LA SITUAZIONE
La lotta alla criminalità organizzata non può poggiarsi soltanto su “eroi” come Antoci o essere delegata alle Forze dell’Ordine e alla magistratura. Deve necessariamente coinvolgere la società civile per combattere, a partire dai singoli territori, il silenzio generato dalla paura, dall’indifferenza e dalle connivenze più o meno esplicite. Per questo anche a Monza e in Brianza, dove numerose inchieste hanno accertato la forte presenza della ‘ndrangheta, c’è molto da fare.
“Le mafie sono l’antitesi della democrazia perché hanno l’obiettivo di sostituirsi allo Stato conquistando il potere attraverso lo strumento del denaro” sostiene nel suo intervento alla Scuola di Formazione Politica di Alisei Lucrezia Ricchiuti, vicepresidente di Brianza SiCura, associazione nata a Seveso nel 2014 sull’onda di un’importante inchiesta contro la ‘ndrangheta.

“La forza delle mafie non è nella loro struttura, ma nella zona grigia, cioè commercianti, imprenditori, politici e cittadini che non sono mafiosi, ma in qualche modo fanno affari con esse per avere soddisfazione a diritti come il lavoro, la casa e la salute – afferma Enzo Giussani di Libera Monza e Brianza – per questo le mafie si combattono facendo le persone oneste, impegnandosi dal punto di vista civile e sociale e difendendo la Costituzione applicandola soprattutto nella parte dei valori fondamentali“.
IL RUOLO DELLA STAMPA
Tra le frecce che possono aiutare a colpire la criminalità organizzata o, almeno, a costruire terreno fertile da sottrarre a chi sta disgregando la convivenza civile e l’economia pulita, ci sono sicuramente i mezzi di comunicazione. Che in fondo hanno un compito molto importante, contribuire a formare le coscienze, che supera quello di informare i cittadini nella maniera più corretta possibile.
“La mafia è quasi sempre cronaca giudiziaria, quindi deve rispettare delle precise regole e forme – spiega Giorgia Venturini, giornalista di Fanpage – questo tipo di notizie di solito attrae meno il pubblico, ad esempio, dei problemi giudiziari di Chiara Ferragni ed è anche per questo che noi giornalisti dobbiamo pensare a modi per raccontare bene e in modo interessante le vicende legate alle mafia”.

“Ai giovani, compresi quelli della Scuola di Formazione Politica di Alisei, dico che è importante informarsi andando, almeno una volta al giorno, oltre l’essenzialità di un titolo e una foto – continua – in questo senso anche i numerosi social esistenti, se utilizzati nel modo giusto, possono dare una mano”.
LE PROSPETTIVE
La strada per sconfiggere le mafie, organizzazioni segrete che esistono da circa un secolo e mezzo, ha una lunghezza non prevedibile. Ad essere determinante, però, come ribadito da tutti gli intervenuti all’incontro della Scuola di Formazione Politica di Alisei, che ha scelto, proprio nell’80esimo anniversario della Liberazione dal nazifascimo, di intitolare “Democratica” l’edizione di quest’anno, è la capacità collettiva di impegnarsi contro le diverse forme di silenzio omertoso.
Questo compito, commisurato al rischio di subire minacce, intimidazioni o addirittura attentati, può sembrare per la maggior parte di noi al di sopra delle normali capacità umane. E magari può spingerci a chiedere a chi, come Giuseppe Antoci, di fronte ad un bivio ha scelto di non chiudere gli occhi davanti all’illegalità e ai soprusi, se ne è valsa la pena.

LA FRASE
La risposta è il migliore vademecum per trasformare il dolore in amore e vittoria contro la criminalità organizzata. “Puoi morire in una strage di mafia, come stava accadendo a me con quei valorosi poliziotti: ci sarebbero state le commemorazioni, le lapidi, i ricordi. Giusto così, però sei morto una volta sola” spiega l’europarlamentare soprattutto ai giovani.
“Poi c’è un altro modo per morire – conclude – alzarsi la mattina, guardarsi allo specchio, sapere di non aver fatto il proprio dovere, sentirsi sporchi, sapere di non poter passare nell’altra stanza, incrociare le tue figlie e continuare a dire loro che la vita va vissuta con rettitudine, senza abbassare lo sguardo e la schiena. E allora quello specchio ti uccide ogni giorno“.