“Svuota armadio sì, ma consapevolmente”: così si aiutano le mamme in difficoltà del CAV di Besana

Dal latte in polvere agli abiti per bambini, fino al sostegno psicologico: da 37 anni il Centro Aiuto alla Vita accoglie le famiglie in difficoltà, ma servono donazioni consapevoli.
Besana. Il CAV di Besana in Brianza (Centro Aiuto alla Vita) compie 37 anni e continua ad essere un punto di riferimento per le famiglie in difficoltà del territorio. Oggi sono 134 i bambini sostenuti dal centro, attraverso donazioni di abiti e materiali per l’infanzia, ma anche attraverso progetti mirati come Adotta una mamma, adotta una vita e Quota latte.
“Siamo nati nel 1988 e da allora il nostro obiettivo non è cambiato: aiutare concretamente chi decide di portare avanti una gravidanza, nonostante una situazione fragile o complicata”, racconta la presidente Antonietta Ingribelli, da un anno alla guida dell’associazione e volontaria da sette. “Lo facciamo con un sostegno psicologico, materiale ed economico. Ma soprattutto, con tanta umanità”.
“La solidarietà è preziosa, ma servono donazioni consapevoli”
Il CAV riceve donazioni ogni primo sabato del mese e distribuisce pannolini e latte ogni terzo sabato. Ma non sempre ciò che arriva è davvero utile.
“Purtroppo una buona parte del materiale che riceviamo è da buttare – spiega Ingribelli –. Troppa gente approfitta del servizio per svuotare armadi, senza preoccuparsi delle condizioni dei capi. Donare non è liberarsi del superfluo: è un gesto che dovrebbe partire dal cuore”.
Attualmente, il centro ha urgente bisogno di:
vestiti per bambini dai 3 ai 4 anni,
passeggini,
seggioloni e sistemi Trio in buono stato.
“Non ci sono solo mamme: anche i papà chiedono aiuto”
Il 70% delle persone che si rivolgono al CAV sono mamme straniere, il restante 30% italiane. Ma non mancano i papà.
“Spesso è la stessa comunità pastorale a segnalarci le famiglie in difficoltà, oppure capita che arrivino da noi in autonomia grazie al passaparola – spiega la presidente –. Facciamo un colloquio conoscitivo, con una volontaria, l’ostetrica e la psicologa, ma non è mai successo che rifiutassimo una richiesta di aiuto. Le situazioni che ci si presentano sono molteplici: donne rimaste sole dopo la perdita del marito, oppure con un compagno gravemente malato e quindi impossibilitate a sostenere la famiglia in maniera adeguata. Ci sono, purtroppo, anche donne che si rivolgono a noi perché non sono certe di proseguire la gravidanza”.
Al momento sono 134 i bambini sostenuti dal CAV di Besana: 77 di loro ricevono abiti e materiali per l’infanzia, gli altri 57, invece, pannolini e latte in polvere. Due le famiglie che fanno parte del progetto Adotta una mamma, adotta una vita, rivolto a quelle donne che, pur avendo una fragilità sociale ed economica, scelgono di portare a termine la gravidanza. “In questo caso, oltre ad aiutarle con il rifornimento di latte e pannolini, le sosteniamo anche economicamente grazie alle donazioni – continua Antonietta Ingribelli – garantiamo sostegno, anche psicologico, fino ai 18 mesi del bambino, ma spesso andiamo anche oltre. Noi questi bambini li vediamo crescere e sappiamo che questo è possibile anche grazie al nostro aiuto”.
Una rete di 40 volontari e 5 professionisti: “Ognuno con un compito preciso”
Il centro è attivo non solo a Besana ma anche Renate, Veduggio, Triuggio, Giussano, Carate. “Il nostro bacino è molto ampio e spesso ci raggiungono anche con il treno per chiedere aiuto”.
A supportare il lavoro ci sono circa 40 volontari, affiancati da psicologhe e ostetriche professioniste.
“Ogni volontario ha un compito specifico, e ognuno porta con sé una parte preziosa. Senza di loro non sarebbe possibile portare avanti tutto questo”, dice la presidente.
Ma nel dietro le quinte del CAV di Besana non ci sono solo le volontarie, ma anche compagnie teatrali che sostengono attivamente il centro con spettacoli benefici. Due i gruppi coinvolti: Cantando per la Vita e Ohana Musical Company.
“Proprio qualche settimana fa, i ragazzi di Cantando per la Vita hanno portato in scena Il Re Leone al teatro Edelweiss – racconta –. È stato un successo, hanno fatto sold out e molto probabilmente lo replicheranno. Il ricavato dei loro spettacoli va tutto in beneficenza, e quei soldi noi li utilizziamo per comprare latte e pannolini. Una spesa economica importante, perché dobbiamo scegliere un latte in polvere di alta qualità, che possa andar bene a tutti i bambini, così come per i pannolini che devono essere eco e adatti ad ogni tipo di pelle”.
“Ho scoperto il CAV grazie a una storia di vita vera”
Il legame tra Antonietta Ingribelli e il CAV è nato per una ragione personale e profonda.
“Avevo un’amica che si è trovata a decidere se portare avanti una gravidanza o meno. Le sono stata vicina come potevo, ma se avessi saputo dell’esistenza del CAV, le avrei indicato questa strada – ci spiega –. Mi sono avvicinata alla struttura quando aspettavo il mio secondo figlio. Volevo dare una mano, restituire un po’ di quello che avevo ricevuto nella vita”.
Per questo, tra i progetti del CAV – che proprio questo mese compie 37 anni di attività – c’è la volontà di portare il centro fuori dalla comunità pastorale e avvicinarsi anche a strutture laiche, specie le scuole: “non per imporre il nostro pensiero, ma solo per farci conoscere, far sapere che ci siamo – sottolinea la presidente –. Non sa quante volte ci capita di accogliere giovani ragazze che si trovano in situazioni difficili e che non sanno come o se portare avanti una gravidanza”.
“Le mamme che aiutiamo? Alcune tornano… per diventare volontarie”
Ogni giorno al CAV si intrecciano storie di vita vera, fatte di paure ma anche di speranza. “Ci vuole molta umiltà per chiedere aiuto, e ogni volta che una mamma entra dalla nostra porta, lo fa con grande delicatezza” – conclude Ingribelli –. “Spesso porto a casa più di quanto ho dato”.
E lo dimostra il fatto che alcune delle mamme che anni fa si sono rivolte al CAV di Besana per chiedere aiuto, ora sono volontarie attive che, come gesto di riconoscenza e gratitudine, scelgono a loro volta di aiutare. “È la prova più bella che quello che facciamo ha davvero un senso”.