Trump ha sospeso i dazi per 90 giorni

10 aprile 2025 | 17:40
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Trump ha sospeso i dazi per 90 giorni

Che cosa ha spinto Donald Trump a sospendere i dazi per 90 giorni

Donald Trump ha annunciato uno stop temporaneo di 90 giorni ai nuovi dazi. Dietro il gesto “di cuore” si celano timori finanziari e le pressioni del segretario al Tesoro Scott Bessent, preoccupato per i segnali dai mercati.

L’annuncio di Trump tra dichiarazioni emotive e retroscena finanziari

«Negli ultimi giorni ci ho riflettuto molto. È qualcosa che mi è venuto naturale stamattina, abbastanza presto, e ho sentito l’esigenza di metterlo nero su bianco». Con queste parole, Donald Trump ha commentato la sua decisione di bloccare temporaneamente i nuovi dazi per un periodo di 90 giorni. Un annuncio che ha sorpreso molti, soprattutto per il tono quasi poetico con cui l’ex presidente ha raccontato la sua scelta: «L’ho scritto con il cuore», ha detto, spiegando di aver agito «per il bene globale e nostro. Non vogliamo arrecare danno a chi non se lo merita. Tutti sono interessati a trattare».

Un Trump riflessivo, che si presenta come mediatore globale, mosso più dalla compassione che dalla strategia economica. Ma a sollevare il velo su quello che realmente ha motivato il cambio di rotta è un intreccio di preoccupazioni finanziarie e pressioni interne all’amministrazione, guidate in particolare dal segretario al Tesoro Scott Bessent.

L’azione decisiva del segretario Bessent

 Secondo fonti vicine alla Casa Bianca, è stato proprio Scott Bessent a far scattare l’allarme all’interno dell’esecutivo. La sua attenzione era rivolta all’andamento del mercato obbligazionario statunitense, che da giorni mostrava segnali di forte tensione. La rete televisiva americana CNN ha riferito che il Dipartimento del Tesoro aveva rilevato un calo di fiducia da parte degli investitori nei confronti dei titoli di Stato americani, in particolare i Treasury bill (T-Bill).

Bessent avrebbe affrontato direttamente Trump durante un incontro tenutosi poco prima della conferenza stampa con cui è stata annunciata la sospensione dei dazi. Secondo tre fonti informate, il segretario avrebbe messo in evidenza i rischi di una vendita massiccia di titoli, che aveva già preso piede nelle prime ore della giornata, e le possibili conseguenze sull’economia reale. A quel punto, Trump avrebbe preso atto della situazione e deciso di bloccare temporaneamente i nuovi dazi.

I T-Bill e il campanello d’allarme

I Treasury bill sono strumenti finanziari fondamentali per il funzionamento del sistema economico americano. Si tratta di titoli del debito pubblico a breve termine, generalmente con scadenze che vanno da un mese a un anno. Sono molto apprezzati dagli investitori per la loro sicurezza, visto che sono garantiti dal governo federale.

Ma proprio questa loro caratteristica li rende estremamente sensibili all’instabilità politica ed economica. In particolare, quando aumentano i rendimenti, cresce anche il costo del denaro per i consumatori e le imprese. Questo significa mutui più cari, finanziamenti aziendali più difficili da ottenere e, in generale, minore fiducia nel mercato.

Ed è esattamente questo che ha fatto scattare il campanello d’allarme nel team economico della Casa Bianca: i rendimenti dei titoli stavano salendo rapidamente, segnale di una fuga degli investitori.

L’effetto domino sul mercato

Il mercato obbligazionario rappresenta da sempre una sorta di termometro dell’economia globale. Quando gli investitori iniziano a disfarsi dei titoli considerati “sicuri”, come i T-Bill, vuol dire che la fiducia nei confronti del sistema si sta incrinando.

In questo caso, il sospetto degli analisti è che le politiche protezionistiche di Trump – e in particolare l’annuncio di nuovi dazi – stessero minando la credibilità finanziaria degli Stati Uniti. L’effetto domino si è fatto sentire in fretta: svendita di asset rifugio, aumento dei rendimenti, nervosismo sui mercati azionari.

E così il presidente, pur senza ammettere esplicitamente un nesso causale, ha deciso di mettere in pausa la sua offensiva commerciale, probabilmente per evitare ulteriori scossoni economici e rassicurare gli investitori.

Le parole del presidente

«Credo che la situazione stesse sfuggendo di mano, che l’opinione pubblica e i mercati fossero eccessivamente agitati», ha dichiarato Trump ai giornalisti al termine della riunione con Bessent. Le sue parole, pronunciate con tono più riflessivo del solito, sono sembrate un tentativo di contenere l’onda lunga di un’inquietudine crescente tra investitori e cittadini.

Un atteggiamento quasi conciliante, che contrasta con la retorica aggressiva che aveva caratterizzato le settimane precedenti, in cui il presidente minacciava dazi sempre più ampi su prodotti provenienti da Asia, Europa e Sud America.

Le misure ancora in vigore

È importante sottolineare che lo stop riguarda solo alcuni dei dazi che erano in programma. I dazi su acciaio, alluminio e automobili, introdotte nei mesi precedenti, resteranno attive. Lo stesso vale per quelle imposte alla Cina, che erano già state inasprite in precedenza e rappresentano uno dei fronti più delicati della guerra commerciale lanciata da Trump.

Secondo il ministro del Commercio Howard Lutnick, la sospensione è da interpretare come una finestra di opportunità per favorire il dialogo. «Abbiamo aperto uno spazio per la negoziazione», ha detto. Ma non si tratta di una marcia indietro definitiva. Piuttosto, un tentativo di prendere tempo e valutare la situazione, evitando una reazione a catena sui mercati.

La diplomazia e i suoi limiti

Nonostante le parole concilianti, non tutti sono convinti della sincerità del gesto di Trump. Alcuni osservatori ritengono che la mossa sia più tattica che strategica: una pausa utile a ricompattare il fronte interno, ma senza alcuna reale intenzione di modificare l’impianto protezionistico delle politiche commerciali.

In altre parole, una manovra per guadagnare tempo, magari in attesa di risultati economici più favorevoli o di nuovi elementi da giocarsi sul tavolo delle trattative internazionali.

Gli effetti sulle relazioni globali

L’annuncio ha avuto ripercussioni immediate anche sul piano diplomatico. I principali partner commerciali degli Stati Uniti hanno accolto con cauto ottimismo la notizia della sospensione, pur restando in attesa di azioni concrete.

L’Unione Europea, in particolare, ha fatto sapere di essere pronta a riaprire il dialogo, ma solo a fronte di un impegno chiaro e duraturo a favore del libero scambio. Stesso atteggiamento da parte del Giappone, che ha invitato Washington a «ridurre l’incertezza» e a tornare a una politica commerciale più prevedibile.

Intanto la Cina osserva e aspetta

La sospensione dei dazi per 90 giorni non rappresenta un cambio di paradigma, ma piuttosto un aggiustamento momentaneo dettato da urgenze finanziarie. 

Il vero motore della decisione è stato il timore di un crollo della fiducia nei mercati, e l’intervento diretto del segretario Bessent ha giocato un ruolo decisivo nel riorientare la posizione della Casa Bianca. Nell’ombra del dietrofront statunitense, la Cina ha mantenuto un profilo basso, evitando commenti diretti ma osservando con attenzione gli sviluppi. 

Le autorità di Pechino sono consapevoli che il rinvio dei dazi da parte di Trump potrebbe rappresentare una finestra strategica per rafforzare le relazioni commerciali con partner alternativi o per negoziare da una posizione di vantaggio. 

Pechino è uno dei maggiori detentori esteri del debito pubblico statunitense, e ogni tensione attorno a questi titoli rappresenta una leva diplomatica silenziosa ma efficace. 

In questo scenario, il breve stop imposto da Trump più che una concessione appare come un sintomo di fragilità, che la Cina si limita, per ora, a registrare con prudente interesse. 

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