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Addio al segreto salariale: così l’UE prova a combattere i divari uomo-donna negli stipendi

Ma è vero che potremo vedere la busta paga dei nostri colleghi? Con la direttiva EU 2023/970 che mira a contrastare il fenomeno del gender pay gap forse sì. Ma le cose sono più complesse del previsto. Ne abbiamo parlato con Gianluca Pillera, consulente del lavoro.

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Perchè le donne guadagnano di meno e sembra che vada loro anche bene? Secondo l’Unione Europea, forse, perché non lo sanno. Da anni le istituzioni europee sottolineano quanto sia forte sui luoghi di lavoro il cosiddetto gender gap salariale tra uomini e donne. Che cosa vuol dire, in concreto? Che a parità di mansioni, titoli e livello una donna guadagna in media (in EU) circa il 13% in meno di un collega uomo.

Negli anni questa tendenza è stata non solo notata ma si è cercato di limitarla, seppur con risultati ancora non soddisfacenti. Il Sole 24 ore, riporta infatti che il divario retributivo di genere è rimasto sostanzialmente immutato nell’ultimo decennio. Per questo risulta particolarmente interessante una direttiva europea che prevede il superamento del segreto salariale con l’obiettivo di rendere gli stipendi (e le relative buste paga) più trasparenti tra colleghi e quindi rendere più facile individuare casi di gender pay gap nelle aziende. Perchè le donne guadagnano meno, ma forse non lo sanno o pensano – ancora più sottile – di non essere loro in quella situazione.

L’Italia ha tre anni per recepire la direttiva. Cambierà qualcosa? Abbiamo chiesto l’opinione di Gianluca Pillera, consulente del lavoro.

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Gianluca Pillera, consulente del lavoro

Che cosa fa, in concreto questa direttiva?

Innanzitutto contestualizziamo: siamo nell’ambito gender pay pag, il divario salariale tra uomini e donne. Se ne parla da tempo e ora qualcosa si muove, prima e livello EU e a cascata nei Paesi della comunità, tra cui anche l’Italia. E’ un tentativo di rendere equiparata la retribuzione. Per capire però le applicazioni e dare netti pareri io penso si debba aspettare.

Cioè?

C’è il tema importante della privacy. Vedremo come il garante della privacy si esprimerà e come questa direttiva verrà recepita in Italia. Aggiungo, per chiarire: quando succede qualcosa in Europa siamo convinti che l’applicazione sarà immediata. Non è così: gli stati membri hanno 3 anni per recepire la direttiva, questo vuol dire entro il 7 giugno 2026.

Quindi è presto per parlare degli obblighi del datore di lavoro?

Per me sì. Ripeto, ci sono tante variabili legate ai temi della privacy. La cosa importante è non ledere i diritti.

Che idea si è fatto lei su questa direttiva? In altre parole: cambierà qualcosa?

Non lo so se cambierà qualcosa. Io penso che sia importante fare un tentativo. Sono anni che si parla di gender pay gap ed è la prima volta che si cerca di fare qualcosa di concreto. Posso dire, in base alla mia esperienza lavorativa che il divario salariale esiste, soprattutto se saliamo di livello. Insomma, è una battaglia da fare. Tuttavia, attenti a considerare l’altra faccia della medaglia: una competizione negativa tra colleghi o le difficoltà nel vedere le situazioni “caso per caso”, perchè ogni lavoratore viene in fondo da esperienze diverse. Io apprezzo il tentativo, però: adesso per dare un giudizio definitivo dobbiamo studiare con attenzione l’iter e vedere cosa succederà nel tempo”.

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